Cristina Ceretti già consigliera per il Comune di Bologna con delega alla famiglia, disabilità e sussidiarietà circolare
Bologna città inclusiva: Quali progetti per persone con disabilità ha in cantiere?
Abbiamo portato a termine il progetto “Bologna è cura”, organizzato insieme alla Casa dei Risvegli e all’Associazione Gli amici di Luca, finanziato dalla Regione Emilia-Romagna. Un anno di attività nelle scuole incontrando centinaia di ragazze e ragazzi delle scuole superiori per parlare di fragilità, disabilità e politiche di cura; abbiamo fatto 6 lezioni laboratoriali all’Università di Bologna confrontandoci con gli studenti universitari e incontrato operatori del mondo sanitario e dei servizi sociali, educativi e culturali. Ci siamo confrontati con il mondo del giornalismo per una corretta informazione e comunicazione della disabilità, curato una rassegna cinematografica con Cineteca e uno spettacolo teatrale andato in scena al Teatro Dehon e all’Istituto di cultura italiana a Bruxelles insieme ad Alessandro Bergonzoni. Poi al Parlamento europeo ci siamo confrontati con i parlamentari, il Disability European Forum e molti soggetti europei che si occupano di disabilità con i quali stiamo costruendo una progettualità condivisa che troverà sintesi nei prossimi mesi.
È già stata avviata la co-progettazione con le associazioni per il Bando periferie inclusive, un bando ministeriale che vogliamo sia l’occasione, a livello nazionale, per fare il punto sulla necessaria riforma dei centri socio-occupazionali e per rispondere al meglio al passaggio dei 18 anni e ragionare anche sui 65 anni (due momenti delicati di passaggio nella vita delle persone con disabilità);
Con il Bando inclusione abbiamo acquistato sollevatori per le piscine comunali, abbiamo finanziato il parco Europa Unita al quartiere Savena rendendolo inclusivo (di prossima inaugurazione), abbiamo riqualificato il Centro Socio-Riabilitativo Diurno per persone con disabilità “Paranà”;
Abbiamo appena concluso la co-progettazione del Fondo ministeriale Autismo, con il quale realizzeremo progetti e costruiremo il percorso di Bologna città blu.
Abbiamo appena chiuso un bando per raccogliere progettualità che possano aiutare a rafforzare il rapporto tra scuola ed extrascuola, favorendo la continuità educativa dei ragazzi con disabilità.
Attraverso un bando europeo stiamo lavorando per ampliare le settimane di sostegno alle famiglie per affrontare la lunga pausa estiva, lavorando sia nella direzione di ampliamento delle settimane sia sul lato dei soggiorni.
Dopo un lungo lavoro di coordinamento tra molti settori dell’amministrazione abbiamo costruito la procedura per rendere attuative le Linee guida sulla visitabilità degli edifici pubblici; abbiamo consolidato l’investimento del 30% delle risorse sulla manutenzione delle strade dedicandole all’abbattimento delle barriere architettoniche; abbiamo partecipato al percorso regionale sulla scrittura delle Linee guida sul PEBA (piano abbattimento barriere architettoniche), partecipato al bando regionale e firmato un patto con i sindacati confederali sul tema dell’abbattimento barriere.
Stiamo portando avanti insieme alla Consulta una progettazione condivisa per l’accessibilità in Aeroporto, l’abbattimento di barriere sensoriali e fisiche (quest’anno abbiamo inaugurato servizi nuovi per le persone sorde e cieche) e ampliamento dei servizi per i viaggiatori con ridotta mobilità.
Con risorse europee, PON Metro, sto provando a rispondere all’esigenza di migliorare il servizio di prevenzione oncologica delle persone con disabilità, in collaborazione con Usl e una rete informale di donne con disabilità.
Come Fondazione abbiamo l’obiettivo strategico di lavorare con le persone con disabilità intellettiva e le loro famiglie per il “Dopo di Noi”. A suo avviso, dal punto di vista di un rappresentante delle Istituzioni, qual è il focus, come lo interpreta questo lavoro?
L’amministrazione comunale deve svolgere un ruolo di equità rispetto alle tante istanze che arrivano dalle disabilità fisiche, sensoriali e intellettive, ma deve fare anche i conti con una società che si evolve e cambia. La disabilità intellettiva sta riguardando sempre più persone e famiglie e le proiezioni demografiche non fanno che confermare un trend in forte crescita. Questo non ci deve lasciare impreparati. Oggi il mondo della disabilità ha un paio di priorità (fra tutte sceglierei il Progetto di vita e l’Autonomia), e fra queste senza dubbio va messo il tema del “durante” e “dopo di noi”, con la necessaria capacità di immaginare anche soluzioni innovative sia sul piano dell’organizzazione dei servizi, sia sul piano della domotica e dell’innovazione tecnologica a servizio della disabilità, sia sul piano delle soluzioni abitative come cohousing sociale, residenze stabili o di ospitalità periodica. Il Piano casa del Comune non può prescindere da questa sfida.
Noi pensiamo che si debba fare di più per garantire la vita autonoma ai ragazzi con disabilità, riteniamo che sia necessario passare dai progetti sperimentali alla messa in campo di un sistema complessivo pubblico-privato con la regia dell’Ente Locale. Un sistema che comprenda diverse risorse abitative e procedure istituzionalizzate per l’avvio e la condivisione di progetti individuali di autonomia. Lei cosa ne pensa? A che punto siamo? Quali progetti sta sviluppando? Cosa serve?
Serve più coraggio di osare soluzioni nuove. Il rapporto tra pubblico e privato in questo campo è essenziale perché Fondazioni come la vostra, associazioni e privato sociale possono portare competenze importanti per costruire soluzioni, con la regia del pubblico ovviamente. Non si può parlare di “progetto di vita” senza affrontare ad esempio anche delicati aspetti giuridici o patrimoniali, oltre che assistenziali. Il progetto “Bologna è cura” ha posto a Bruxelles il tema abitativo e del Dopo di noi all’attenzione del Disability European Forum. Sarebbe bello coinvolgere in questa rete di collaborazione anche la Fondazione Dopo di Noi.
Parliamo anche di criticità? Qual è o quali sono state le principali criticità che riscontra (o ha riscontrato) nella sua esperienza?
La criticità più grande è quella di non avere agibilità amministrativa piena. Il Consigliere delegato non è un assessore, non ha uno staff e capitoli di bilancio dedicati. Agisce a mani nude, oltre il suo orario lavorativo e oltre i consigli comunali e le commissioni consigliari. In questi due anni mi sono confrontata con l’Università e chi fa ricerca in questo campo; sono andata di persona a conoscere sedi, persone e famiglie; ho studiato le tante trasformazioni legislative nazionali ed europee; ho viaggiato a mie spese tra città italiane ed europee per capire quali sono le migliori esperienze sulla disabilità. Ma questo ambito ha bisogno di agibilità politica e amministrativa piena. Di investimenti certi e programmabili.