autore: Francesca Gavio
Ricorderemo a lungo l’emozione dello scorso 5 novembre. I genitori, i tre figli, gli educatori e noi coordinatori del progetto Caravaggio eravamo tutti riuniti intorno a un tavolo con una planimetria in mano: “E’ arrivato il momento, ragazzi, siete pronti per andare a vivere da soli!”.
Sono rari i momenti in cui si ha l’impressione e la certezza che tutte le tessere del puzzle di un percorso educativo di gruppo siano state trovate. Questo è uno di quei momenti, denso di emozioni e carico di aspettative e queste gioie sono così sane che vanno condivise.
Andiamo con ordine. Dopo mesi di sospensione del progetto Casa fuoriCasa a causa dell’emergenza Covid, finalmente, lo scorso agosto riapre l’appartamento di via Zucchini, dove diversi gruppi si alternano per sperimentare occasioni di distacco dalla famiglia d’origine.
Il primo a riprendere è Caravaggio un gruppo che ha raggiunto lo step finale del percorso educativo.
Federico è l’ultimo arrivato nel gruppo. Tante sono le paure, sue e dei suoi genitori, di fronte a questa nuova esperienza, ma grazie al suo entusiasmo, all’esperta guida degli educatori, e all’affettuosa accoglienza di Giacomo e Tommaso (gli altri due partecipanti) viene coinvolto rapidamente nella routine dell’appartamento. Dopo solo un mese Federico già dorme tutta la settimana con loro.
Non è stato tutto facile fin dall’inizio. Ripercorrendo il percorso di questo gruppo, ricordo la reticenza dei genitori di Giacomo ad “affidarci” il figlio una sola notte al mese, ma anche la soddisfazione e l’orgoglio di quegli stessi genitori quando costatarono il suo impegno e la sua voglia di “crescita”.
Le tante insicurezze iniziali di Giacomo contrastavano con la determinazione di Tommaso che già a 22 anni diceva: “Voglio andare a vivere da solo!” ma che aveva un gran bisogno di sperimentare con gradualità una simile esperienza.
Ora sono pronti davvero, con una consapevolezza che fa dire a Tommaso “io sono pronto, ma forse i miei non lo sono altrettanto!
In un altro punto della città, esattamente in via Mazzini, nell’appartamento che Alessandro, Marco e Pino condividono da quattro anni e dove hanno trascorso i lunghi mesi del lockdown, da tempo ha preso corpo l’idea che sarebbe un bene vivere in una casa più grande, magari con più persone.
Si fa strada così l’idea di un nuovo appartamento… un appartamento più grande, con quattro camere da letto, due bagni. Sembra che le strade parallele di questi uomini abbiamo trovato un punto di giunzione.
Questo non è l’ultimo tassello del puzzle. Parliamo con le famiglie di Caravaggio, illustriamo loro la piantina dell’appartamento e la possibilità di andare a vivere lì con gli altri tre uomini, che vivono già da quattro anni in autonomia con un monitoraggio educativo a bassa soglia. E poi la telefonata di Tommaso che mi chiede di essere presente all’incontro con i genitori, perché lui vuole esserci, parliamo di loro e dobbiamo farlo con loro. Quella telefonata ha confermato i miei “sospetti”: “Sono pronti!” e per me è stata una lezione sull’autodeterminazione importante.
Così tutti attorno ad un tavolo, genitori e figli, di fronte alla piantina di un ipotetico nuovo appartamento, l’emozione è palpabile, si sancisce un traguardo: avrò una casa tutta mia.